10° Seminario NuovoGISI

di Implantologia Conservatrice

 

Relais Villa Valfiore

San Lazzaro di Savena (BO) - 20-21 Settembre 2019

 

 

ATTI

 

LINGUA UFFICIALE: ITALIANO             CONFERENZE – LECTURES

Dr. Paolo Squillantini

RIABILITAZIONI IMMEDIATE DEL MASCELLARE SUPERIORE EDENTULO

Dott.ssa Maria Giovanna Cotugno

PIANIFICAZIONE SISTEMATICA NELLE GRANDI RIABILITAZIONI IMPLANTO PROTESICHE

Dr. Enrico Moglioni

IL PILASTRO CANINO SUPERIORE: ZONA DI RISORSA CHIRURGICA IN IMPLANTOPROTESI

Dr. Pierangelo Manenti                       

LA LAMA – L’IMPIANTO PIÙ  CONSERVATIVO IN CRESTE SOTTILI

Dr. Enrico Belotti

GLI INSUCCESSI DEI GRAFTS NEL TRATTAMENTO DEI MASCELLARI ATROFICI CORRETTI CON GLI IMPIANTI SOTTOPERIOSTEI 3D

Dr. Francesco Grecchi

LA GUIDA OCCLUSALE NELL’ESECUZIONE DI PROTESI SU  IMPIANTI ZIGOMATICI

Dr. Marco E. Pasqualini , Dr. Pierangelo Manenti, Dr. Luca Dal Carlo, Dr. Enrico Moglioni

IMPIANTI  PIATTI BICORTICALI NEL TRATTAMENTO DELLE CRESTE SOTTILI

(corso teorico-pratico)

Dott. Pier-Maria Mondani

STORIA DELLA SALDATRICE ENDORALE

Dr. Mike Shulman

INTEGRATING  PRINCIPLES OF THE ITALIAN SCHOOL WITH AMERICAN USES

Dott. Federico Meynardi

PARODONTITE: UNA SINDROME INFIAMMATORIA NON INFETTIVA

Dr. Luca Dal Carlo                                                                   

AURIGA 19. AGGIORNAMENTO DI UNA TECNICA IMPLANTO-PROTESICA CONSERVATIVA PER IL TRATTAMENTO DELLE IPOTROFIE SEVERE DEL MASCELLARE SUPERIORE

Dr. Franco Rossi

RELAZIONE TRA DISORDINE OCCLUSALE E PERIMPLANTITE-PARODONTITE SITO SPECIFICA

Dr. Moreno Zennaro                        

USO DEI MINI IMPIANTI COME SUPPORTO PROTESICO FISSO CON TECNICHE DI IMPLANTOLOGIA ELETTROSALDATA

 

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RIABILITAZIONI IMMEDIATE DEL MASCELLARE SUPERIORE EDENTULO

Dr. Paolo Squillantini

 

Pazienti affetti da moderata o severa atrofia  mascellare presentano difficolta’ al trattamento implantare per un inadeguato volume di tessuti duri

Varie terapie ossee ricostruttive sono state utilizzate  per ripristinare un volume osseo verticale e bucco -palatale adeguato per il posizionamento di impianti standard.

Questi trattamenti comportano atti chirurgici che possono determinare un aumento dell'incidenza di complicanze ed una maggior morbilita' per il paziente.

Queste deficitarie condizioni anatomiche ossee sono inoltre piu' frequentemente osservabili pazienti anziani e quindi in soggetti che presentano spesso problematiche sistemiche e che seguono una plurifarmacoterapia.

Inoltre l uso di procedure chirurgiche complesse comporta spesso una dilatazione dei tempi della terapia, un maggior numero di interventi, eventuali complicanze, ed un utilizzo di materiali che accrescono i costi complessivi della terapia implanto-protesica.

In base a questi presupposti puo' essere razionale indirizzarsi verso una IMPLANTOLOGIA CONSERVATIVA, al fine di evitare la necessita' di aumenti volumetrici ossei

Con tale approccio si tende  ad adattare l'impianto alla volumetria ossea residua e non viceversa : cioe’sfruttare l’osso dei siti anatomici disponibili esistenti.

Questi, in genere, per il mascellare superiore, sono rappresentati da :

  • Tuber  maxillae ed appoggio pterigoideo
  • Osso infracorticale seno-volta palatina
  • Osso infracorticale seno- faccia vestibolare
  • Alveoli in caso di postestrattivi immediati.
  • Osso alveolare mesiale al seno mascellare.
  • Setti di Unterwood

Cardine e presidio indispensabile di questa tecnica e’ la

SALDATRICE ENDORALE DI MONDANI  che ci permette di solidarizzare  direttamente in bocca i piu’ svariati tipi di impianti :  viti monofasiche e bifasiche, aghi, lame, ecc.

La conoscenza e l’abilita’ dell’operatore deve quindi spaziare in diverse tipologie di impianti, cosi’ da scegliere l’impianto giusto per il sito anatomico in questione.

Quindi l'utilizzo di questa tecnica richiede una procedura chirurgica che si discosta dai protocolli normali applicati agli impianti convenzionali.

Inoltre anche i criteri per la ricostruzione protesica devono seguire concetti differenti da quelli applicati nella protesi implantare tradizionale.

La possibilita’ di evitare trattamenti ossei ricostruttivi e terapie chirurgiche complesse e' la motivazione pregnante per indirizzarsi verso l'uso dell’ implantologia conservativa elettrosaldata.

 

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PIANIFICAZIONE SISTEMATICA NELLE GRANDI RIABILITAZIONI IMPLANTO PROTESICHE

Dott.ssa Maria Giovanna Cotugno

 

Con questo PIANO TERAPEUTICO l’obbiettivo è quello di standardizzare un protocollo implanto-protesico digitalizzato con mantenimento degli elementi dentari sani e ripristino corretto delle parabole osseo-parodontali.

Il piano si basa su uno studio dettagliato di esami strumentali (OPT, Endorali, Myo-tens, DSS, studio digitale del caso).

Durante tutto il periodo del trattamento, il paziente porterà dei provvisori fissi (Eseguiti in Cad-Cam), con cadenze programmate verranno sostituiti gli elementi dentari persi con impianti, e verranno utilizzati gli elementi sani come pilastri; inoltre tra un impianto e l’altro verranno eseguiti i trattamenti endodontici con ricostruzione coronale corretta (perni in fibra/perni in zirconio/perni fusi). Dopo di che si potrà effettuare il disegno delle parabole gengivali sotto guida chirurgica digitalizzata. Le varie fasi vengono studiate in modo tale da mantenere il paziente sempre in uno stato di compliance positiva, riducendo al massimo i tempi fermi; al tempo stesso, si potranno eseguire delle manovre correttive in caso di necessità pur sapendo che con il pre-studio dettagliato analogico-strumentale digitale si riduce al massimo eventuali correzioni, con altissima predicibilità.

 

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IL PILASTRO CANINO SUPERIORE: ZONA DI RISORSA CHIRURGICA IN IMPLANTOPROTESI

Dr. Enrico Moglioni

 

Il Pilastro canino del mascellare superiore, rappresenta la più costante formazione ossea che si trova nella base del processo alveolare. E’ situato lateralmente all’apertura della cavità nasale e medialmente alla parete antero-mediale del seno mascellare ed è molto ben evidente nelle costruzioni TC.

Il pilastro canino è molto importante per il chirurgo costituendo una “riserva” di osso in cui introdurre, eventualmente, un impianto particolarmente lungo.

Nella relazione saranno esposte diverse soluzioni implantoprotesiche, relativamente a questo settore osseo. In base al grado di atrofia ossea infatti, il pilastro canino offre comunque delle opportunità reali, l’importante è riuscire ad utilizzare la sistematica più adeguata dal punto di vista sia funzionale che estetico. 

 

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LA LAMA – L’IMPIANTO PIÙ  CONSERVATIVO IN CRESTE SOTTILI

Dr. Pierangelo Manenti

 

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GLI INSUCCESSI DEI GRAFTS NEL TRATTAMENTO DEI MASCELLARI ATROFICI CORRETTI CON GLI IMPIANTI SOTTOPERIOSTEI 3D

Dr. Enrico Belotti

 

Gli insuccessi trattati con innesti interposizionali e grafts ( inaly/onlay) possono essere ritrattati con gli impianti  sottoperiostei in una sola fase Dalla esecuzione di un  tac multistrato si ottiene un modello virtuale dal quale si ottiene in sterolitografia il modello litografico.

Sul modello litografico si disegna il dispositivo per  essere poi fuso in titanio legato Questa tecnica di produzione e' testata  da piu' di 15  anni e risulta essere predicibile Il caso discusso esamina tutte le fasi ( realizzative, chirurgiche e protesiche) del ritrattamento di una caso operato con autografts e insuccesso all'ottavo anno di funzionalizzazione.

 

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LA GUIDA OCCLUSALE NELL’ESECUZIONE DI PROTESI SU  IMPIANTI ZIGOMATICI

Dr. Francesco Grecchi

 

La gradevole configurazione del viso è condizionata dalla conformazione dello scheletro facciale a sostegno dei tessuti molli ed è il presupposto, pur nella variabilità individuale, di uno stato di normo-occlusione.Nell’edentulo dismorfico sia per ipomaxillia, che per grave atrofia del mascellare, le importanti carenze osteo-mucose generano, sovrapposte alla mancanza della dentatura, inestetismi del volto la cui correzione rende necessarie protesi ortopediche staccate dalla gengiva,costruite con estese flange di resina atte a simulare la presenza del processo alveolare, oltre che a riprodurre i denti .Le alternative risiedono in interventi ossei ricostruttivi di elevato costo biologico e non altrettanto certi risultati.Quando affrontiamo la riabilitazione di un mascellare edentulo atrofico le difficoltà da superare sono dunque molteplici: ci troviamo di fronte ad ineludibili esigenze estetiche con la necessità assoluta di una corretta occlusione.Ogni impianto dentale, di qualsiasi forma, dimensione o lunghezza, deve rapportarsi con una corretta funzione occlusale,pena il fallimento della riabilitazione.Ciò vale anche per l’implantologia zigomatica che sfrutta per la stabilità delle fixtures il corpo dell’osso malare. .Essa si propone come valida alternativa alle ricostruzioni ossee, considerando i costi-benefici degli interventi analizzati e gli elevati fallimenti a distanza degli innesti ossei riportati in letteratura L’emergenza dei monconi implantari deve essere ottenuta in sede 3-6 e comunque non discostarsi di molto da tale progetto, posizionando gli impianti in modo divergente dagli apici verso l’alveolo residuo. Per pervenire, oltre che alla stabile occlusione, ad una corretta armonia del sorriso, sono necessarie protesi fornite di ampie flange di finta gengiva a compensare la carenza osteo-mucosa degli alveoli atrofici e modificare la discrepanza tra le arcate. In casi particolari sono possibili interventi ricostruttivo-riabilitativi associati (es. osteotomia di Le Fort 1) eseguiti sia per finalità estetiche che per diminuire gli squilibri occlusali . La tecnica prevede l’utilizzo routinario del carico immediato, perciò lo studio preoperatorio dell’occlusione e le conoscenze di biomeccanica implantare risultano fondamentali per il conseguimento del risultato, così come lo stretto coordinamento tra gli operatori. Durante l’esposizione sono messi a confronto i costi-benefici delle riabilitazioni praticabili con impianti zigomatici ,esponendo i presupposti biomeccanici delle stesse ed il protocollo con cui vengono affrontati i casi di atrofia mascellare cche presentano gravi discrepanze occlusali.

 

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IMPIANTI  PIATTI BICORTICALI NEL TRATTAMENTO DELLE CRESTE SOTTILI

(corso teorico-pratico)

Dr. Marco E. Pasqualini , Dr. Pierangelo Manenti, Dr. Luca Dal Carlo, Dr. Enrico Moglioni

Introduzione del Dr. Marco E.Pasqualini:

 

Le gravi atrofie dei mascellari edentuli necessitano di interventi chirurgici ricostruttivi  al fine di rendere possibile l’inserzione di impianti root form di diametri adeguati per la realizzazione di  riabilitazioni protesiche fisse, funzionalmente e temporalmente valide.

Le tecniche di incremento osseo (GBR, split-crest e innesto) che rappresentano,  attualmente, l’opzione terapeutica più proposta dagli operatori sanitari, spesso, però, non vengono accettate dai pazienti per gli importanti costi biologici ed economici. Inoltre, comportano un’estensione di circa cinque mesi dei  tempi terapeutici.

Negli anni passati,  in presenza di creste atrofiche, hanno trovato fattivo utilizzo, gli impianti “wedge form” (a lama) visti i loro ridotti spessori e, quindi, compatibili  con gli esigui diametri trasversi delle creste edentule. 

L’utilizzo di tale tipo di impianto risale ai lontani anni sessanta, quando, per la prima volta, ne fu proposto l’utilizzo da Leonard I. Linkow. Da allora, per quanto tecnicamente non semplice, il loro uso ha trovato applicazione nella pratica clinica anche grazie alla rielaborazione tecnica  proposta da vari clinici e, in primis, da Ugo Pasqualini.

Attualmente, grazie all’utilizzo del bisturi piezoelettrico ad ultrasuoni che rende più agevole la realizzazione dell’osteotomia, la tecnica ha ritrovato nuovi consensi. 

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STORIA DELLA SALDATRICE ENDORALE

Dott. Pier-Maria Mondani

Il relatore illustra la storia edella saldatrice endorale dagli albori ai giorni nostri indicando il motivo della sua realizzazione, il suo funzionamento, le applicazioni e la sua evoluzione.

 

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PARODONTITE: UNA SINDROME INFIAMMATORIA NON INFETTIVA

Dott. Federico Meynardi

La patologia parodontale e perimplantare, secondo una teoria che si propone come alternativa all’usuale teorema di malattia infettiva ab initio, sarebbe il risultato di uno stato flogistico dovuto a più cofattori, in parte disfunzionali di natura biomeccanica occluso-dentale ed in parte di natura disreattiva immunologico-infiammatoria di varia possibile origine, a cui seguirebbe, solo in una seconda fase, il successivo interessamento infettivologico, tipico del quadro clinico già avanzato di parodontite - perimplantite.

Nel presente lavoro si analizzano alcuni aspetti che evidenziano l’assenza di danno parodontale o perimplantare infettivo in assenza di trauma occlusale e/o stato infiammatorio nonostante la significativa presenza di un microbiota composto da specie batteriche consuetudinariamente considerate patogene.

Per contro la frequente correlazione tra trauma occlusale cronico e/o patologie sistemiche croniche, anche in presenza di scarsa componente microbiotica parodontale e perimplantare..

 

 

AURIGA 19. AGGIORNAMENTO DI UNA TECNICA IMPLANTO-PROTESICA CONSERVATIVA PER IL TRATTAMENTO DELLE IPOTROFIE SEVERE DEL MASCELLARE SUPERIORE

Dr. Luca Dal Carlo

Con la procedura denominata “Auriga”, sperimentata da ormai 20 anni nel trattamento di emi-arcate e da 15 anni nel trattamento dell’arcata completa superiore, è possibile risolvere casi di severa ipotrofia dell’arcata superiore con una tecnica implanto-protesica semplice ed affidabile.

La tecnica prevede il posizionamento anticipato di impianti sommersi nei processi pterigoidei, per poi procedere, a distanza di alcuni mesi, al trattamento con impianti della pre-maxilla, all’immediata saldatura di questi impianti agli impianti presenti nei processi pterigoidei e al carico immediato con protesi fissa.

La protesi fissa che si va a realizzare è supportata da pilastri implantari in tutta l’arcata e, quindi, permette la restituzione di funzioni fisiologiche.

Con l’aggiornamento “19” della tecnica, ho messo a punto una soluzione protesica avvitata alla barra saldata che permette di eseguire manutenzione ed igiene secondo gli standard internazionali, senza vincolare all’uso di un particolare tipo di impianto.

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RELAZIONE TRA DISORDINE OCCLUSALE E PERIMPLANTITE-PARODONTITE SITO SPECIFICA

Dr. Franco Rossi

 

La ricerca delle patologie da trauma occlusale deve innanzitutto prevedere la conoscenza delle patologie che possono essere provocate dal trauma occlusale (Pasqualini U, 1993). Ma perché parlare di patologie da trauma occlusale. Semplicemente perché il dente o i denti nel loro insieme non sono strutture statiche, ma sistemi dinamici e come tali devono essere considerati anche se questa ovvia considerazione viene troppo frequentemente trascurata e il dente e le sue lesioni non vengono valutate tenendo conto del contesto entro il quale opera la bocca.

I contatti statici e dinamici dei denti, infatti, non si realizzano in modo casuale, ma in modo programmato seguendo uno schema fisiologico che  permette loro di poter sfruttare tutte le potenzialità del sistema senza che ne venga compromessa  l’integrità. Se lo schema risulta alterato si generano tensioni abnormi e masticazione e deglutizione si realizzano con una meccanica che può superare i limiti di resistenza fisiologica delle strutture coinvolte, traumatizzandole. Questa situazione di squilibrio può provocare o concorrere a provocare molteplici manifestazioni patologiche, indicate con il termine generico di “Trauma Occlusale”.

Le patologie da trauma occlusale si possono manifestare con modalità e tempi differenti, dato che lo stesso stimolo traumatico non è in grado di produrre sempre l’identica risposta patologica con identiche lesioni in ogni  paziente; o almeno che per avere una stessa risposta patologica possono occorrere tempi diversi. Infatti la dinamica dei denti è sottoposta contemporaneamente a leggi fisiche e a leggi biologiche.

Leggi fisiche, perché si tratta di un sistema in continua attività, che lavora producendo forze molto intense che non possono sottrarsi alle leggi imposte dalla fisica.

Leggi biologiche, perché tali forze si scaricano su strutture biologiche in grado di sopportarle e di contrastarle con indici di resistenza diversi, che variano a seconda di quello che viene definito “terreno biologico costituzionale” (le caratteristiche fisiche e la capacità di difesa proprie di ciascun organismo). Questi indici di resistenza dipendono da: durezza di smalto e dentina (lo smalto meno calcificato assorbe il trauma abradendosi, proteggendo così il parodonto), differenti biotipi gengivali (quantità e qualità di gengiva aderente), mineralizzazione e trofismo dell’osso, difese immunitarie (resistenza alle infezioni); e sono influenzati da: tono muscolare, parafunzioni, abitudini alimentari, igiene orale ed equilibrio dei contatti occlusali.

E’ comprensibile, da quanto è stato detto, come sia complesso studiare l’apparato masticatorio con modelli matematici, quando lo stesso stimolo nocivo, come abbiamo già ricordato, per provocare l’identica risposta patologica in tutti i soggetti in cui viene applicato può richiedere tempi diversi.

L’utilizzo degli impianti dentali per sostituire i denti mancanti è diventata una pratica routinaria eseguita da un numero sempre maggiore di odontoiatri. L’affermazione degli impianti è dovuta all’altissima percentuale di successi con cui si ottiene l’osteointegrazione, tuttavia è noto che in pazienti riabilitati con protesi sostenute da impianti possono insorgere complicanze anche dopo l’avvenuta osteointegrazione tra le quali la perimplantite è diventata sicuramente la più frequente oltre che la più temibile. Le ricerche delle cause di questa affezione sono quasi esclusivamente rivolte verso l’azione di batteri patogeni già presenti nel cavo orale e accumulati nella placca batterica. Sarebbero alcuni di questi germi i responsabili “ab initio” della perimplantite cosi come della malattia parodontale  (Lindhe & Nyman ,1989) . Tuttavia la sola rimozione meccanica della placca batterica con sedute domiciliari e professionali non si è dimostrata capace di risolvere il problema che, anzi, soprattutto per quanto riguarda la perimplantite, risulta essere in continua evoluzione nel senso di aumento dei casi, come ben documentato da  pubblicazioni internazionali che riscontrano: le mucositi perimplantari in circa l’80% dei soggetti esaminati e nel 50% degli impianti, e la perimplantite tra il 28% e il 56% dei soggetti esaminati e per il 12% e il 43% dei siti implantari ( Zitzmann & Berglundh, 2008).

Negli impianti, oltre che nell’igiene inadeguata, il particolare accumulo di placca responsabile della perimplantite è stato individuato di volta in volta nel gap esistente tra fixture e abutment (Muftu a et al 1995), nel particolare trattamento di superficie degli impianti (Simion & Idotta, 2016), nei residui di cemento non rimosso dopo la fissazione della protesi. Dopo queste considerazioni sorge spontanea una domanda:

se l’azione dei germi che vengono considerati responsabili “ab initio” della perimplantite è favorita dal trattamento di superficie degli impianti, dal gap tra fixture e abutment e/o dai residui di cemento non rimosso dopo la fissazione della protesi, questo sta a significare che gli stessi germi per poter agire hanno bisogno di un fattore predisponente, per cui la loro azione difficilmente può essere considerata “ab initio” . Un fattore eziologico predisponente, generalmente trascurato, che può contribuire all’insorgere della perimplantite è rappresentato dallo stress meccanico cronico dovuto al trauma dell’occlusione che  può essere determinante nel favorire la trasformazione della flora batterica da saprofitica a patogeno opportunista (Meynardi F et al 2016).  E il trauma occlusale responsabile dello stress meccanico cronico dovrebbe essere tenuto sempre in considerazione e sempre  sotto controllo in funzione preventiva, perchè proprio noxa patogena predisponente anche della perimplantite. Ovviamente non devono essere trascurati anche gli altri fattori di rischio associati all’ospite (patologie sistemiche), a cause microbiche, al tabagismo, all’igiene inadeguata e/o al trattamento di superficie del titanio ((Dreyer H et al 2018, Albandar JM et al, 2000).

Vengono presentati due casi clinici molto simili e complementari indotti dal trauma occlusale con lo stesso meccanismo d’azione. Vengono presentati insieme come se si trattasse di un unico caso: il primo riguarda una parodontite sito specifica e il secondo una perimplantite sempre sito specifica.

 

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USO DEI MINI IMPIANTI COME SUPPORTO PROTESICO FISSO CON TECNICHE DI IMPLANTOLOGIA ELETTROSALDATA

Dr. Moreno Zennaro                        

 

In questa relazione si prendono in considerazione le possibili applicazioni di una tipologia di impianti di diametro 1,8 mm monofasici che solidarizzati con le tecniche di elettrosaldatura intraorale possono rappresentare una valida alternativa ad interventi di incremento osseo sono presentati casi a più di un anno dall’inserimento che confermano la loro validità e stimolano verso un maggiore impiego.

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I CONTENUTI E LE DIRAMAZIONI DI QUESTO SITO SONO DESTINATI AI SOLI ODONTOIATRI E MEDICI CHIRURGHI

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CLINICA IMPLANTOPROTESICA

 

 

LE PATOLOGIE OCCLUSALI

 

 

 

TECNICHE IMPLANTARI ED IMPLANTOPROTESICHE

 

 

 

 

L'OCCLUSIONE

 

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